Problemi Relazionali Treviso - Volatile Distante da Coppia di Volatili

Problemi Relazionali: la Difficoltà di Rapportarsi con Altri

Problemi Relazionali: la Difficoltà di Rapportarsi con Altri

Problemi Relazionali Treviso - Volatile Distante da Coppia di Volatili

Le relazioni sociali e il problema del reciproco riconoscimento

Problemi relazionali: cosa intendiamo con questa semplice espressione? Per spiegarlo noi dello Studio WeS - Psicologia e Psicoterapia Treviso vogliamo avvalerci dell'aiuto dell'illustre Dott. Eric Berne, psichiatra nonché ideatore dell’Analisi Transazionale, che a metà del secolo scorso chiamò "transazioni" gli elementi base delle relazioni tra le persone.

Problemi Relazionali Treviso - Illustrazione Uomo che Regala Fiore a una Donna

Le transazioni sono degli scambi comunicativi che gli individui effettuano tra loro al fine di ottenere reciproco riconoscimento. Il riconoscimento è la dinamica che ci permette di sentire di esistere. Berne ha chiamato carezze, le unità di riconoscimento, cioè di scambio di stimoli tra gli individui, ma ha scelto il termine inglese stroke, invece del possibile caress, perché più inclusivo: anche del colpo più duro. Ecco perché arriviamo a essere “di bocca buona”, per cui uno schiaffo, anche se fa male, è sempre meglio dell’indifferenza: perché in quello schiaffo c’è la comunicazione: "tu esisti". Esempio estremo, ma esplicativo.

Il riconoscimento è un bisogno fondamentale dell’essere umano, sublimazione del cronologicamente previo bisogno di stimolazione sensoriale ed emotiva. Crescendo, si passa dalla necessità primaria (primaria come il cibo) di sensazioni e stimoli diretti all’organismo a una sorta di adattamento, compromesso, per cui anche le comunicazioni meno intime e più simboliche riescono a soddisfarci, almeno in parte.

Perché in parte? Perché in verità tutti aspiriamo all’intimità fisica, come possibilità di rivivere il primario nutrimento. Ma sappiamo bene che l’evoluzione non è semplice, perché non è detto che da infanti ci si sia saziati. Ma, se siamo qui, in un modo o nell’altro, quel nutrimento è giunto e ci ha consentito di procedere nella vita, con differenti gradi di benessere e funzionalità.

È stata così teorizzata una terza necessità fondamentale dell’essere umano, che si traduce nella modalità di ricevere riconoscimento in rapporto al rischio del rifiuto: la necessità di strutturare il tempo, l'immensa quantità di tempo a disposizione, dando così senso alla nostra vita. Per comprendere questo passaggio, immagina di non fare assolutamente niente per 24 ore: quel tempo ti sembrerà infinito. Ora immagina che anche il giorno successivo trascorra allo stesso modo, e poi il giorno dopo ancora, e ancora. È intuitivo comprendere che non potremmo mantenerci in equilibrio psichico, stanti i bisogni insopprimibili sopra citati: di stimolo e di riconoscimento.

Difficoltà relazionali e le forme di strutturazione relazionale

Approfondiamo questo aspetto, soffermandoci per un attimo sulle diverse difficoltà di relazione e, soprattutto, sulla struttura temporale che mettiamo in atto.

Gli studiosi hanno individuato sei modalità di struttura temporale, che altro non sono se non sei modi diversi con cui l’individuo comunica, cercando di ricevere il riconoscimento altrui. Queste sei modalità si differenziano tra di loro per il rischio sostenuto nel metterle in atto: si passa così da strutturazioni che prevedono un minimo di rischio sociale, al quale sarà associato anche un riconoscimento minimo, a un massimo di rischio in esposizione, che avrà in sé la possibilità di un massimo riconoscimento.

Il rischio del rifiuto è alla base di tutto, ma si presenta con possibilità diverse, in riferimento all'esposizione: più ti esponi, ossia più mostri di te, delle tue emozioni e pensieri, più ti apri nelle interazioni importanti, più aumenterà il rischio emotivo. Una difesa inopportuna o eccessiva, potrebbe tradursi in problemi di relazione, anche di impatto significativo sulla tua vita. Il rischio del rifiuto si declina nel dolore procurato dal giudizio, dalle proprie emozioni corrispondenti o anticipatorie, dalla paura dell’esclusione sociale e della derisione.

In parole povere, il rischio del rifiuto può declinarsi nel mancato riconoscimento di appartenenza, altro nostro centrale bisogno. Queste paure, se non correttamente gestite, possono andare oltre le comuni problematiche relazionali, e sfociare in vera e propria fobia sociale, ma anche esprimersi in forme maggiormente critiche, come in alcuni disturbi di personalità.

Prima modalità di strutturazione delle relazioni: l'isolamento

Problemi Relazionali Treviso - Illustrazione Donna al Computer

Hai mai sentito dire "piuttosto che niente, è meglio piuttosto"? È un proverbio che può aiutarci a chiarire un concetto fondamentale nei problemi di relazione.

Usiamo questa frase, di solito, per autoconvincerci che alla fin fine le cose ci stanno bene come sono, per quanto insoddisfacenti, perché potevano andare peggio. Ma è anche vero che il semplice "piuttosto" può condurre al ritiro e alla difesa dai colpi. Ecco perché la prima di queste modalità di strutturazione del tempo e delle relazioni è l'isolamento.

L'isolamento rappresenta la massima difesa e, al contempo, anche la minima possibilità di ricevere il nutrimento che è indispensabile alla vita: il riconoscimento di sé. In questo caso sei solo.

Ovviamente la relazione con qualcosa o qualcuno non può essere totalmente eliminata, perché non siamo in grado di sopravvivere in sua assenza: ecco quindi che si iniziano a creare relazioni virtuali (Internet semplifica molto il bisogno di relazioni sociali, andando anche a rimuovere i problemi relazionali connessi al rifiuto della propria fisicità, ad esempio), oppure relazioni di fantasia.

L’isolamento, in forme differenti o con corteo sintomatologico differente e per motivazioni di personalità differenti, è la caratteristica che si ritrova nelle “attenzioni” della fobia sociale, nelle strategie del disturbo evitante di personalità, nel ritiro narcisistico, nella generalizzazione in seguito a un attacco di panico, fino alle forme sempre più frequenti di disagio adattivo sociale denominate Hikikomori, una parola giapponese che significa appunto “stare in disparte”.

Seconda modalità di strutturazione: i rituali

Il secondo livello di strutturazione delle relazioni è rappresentata dai rituali. Quando parliamo di rituali facciamo riferimento a semplici e basilari gesti o parole che, sebbene considerati estremamente scarni e di poco impatto, testimoniano il riconoscimento reciproco tra due soggetti.

Problemi Relazionali Treviso - Illustrazione Silhouette Donna che Saluta

Un esempio può essere il semplice cenno di saluto che si scambiano due persone quando si incontrano. Non è necessario che queste due persone si conoscano personalmente o abbiano relazioni di qualsiasi tipo.

Immagina di uscire di casa e di incrociare un perfetto sconosciuto mentre aspetti il tuo turno per prendere l'ascensore: un semplice gesto con il capo o un sorriso sono due modi attraverso i quali tu comunichi a chi stai incrociando che riconosci la sua esistenza.

Terza modalità di strutturazione: i passatempi

Qualsiasi Psicologo Treviso ti confermerebbe che in questa analisi i passatempi non sono gli hobby che ognuno di noi ha. Queste forme di strutturazione del tempo, esattamente come accade per i rituali, sono molto regolate (spesso anche in modo implicito) da norme condivise. Si tratta di interazioni decisamente più numerose e ricche dei semplici rituali, ma seppure più evolute, in loro non è ancora possibile trovare la manifestazione vera della persona, di te.

Pensa per esempio agli scambi formali che si tengono nelle sale d'attesa (il parlare del tempo, le disquisizioni sulla pressione arteriosa, le “partite di politica”, e via immaginando), le comunicazioni che intercorrono tra le mamme mentre attendono che i figli escano da scuola e quelle conversazioni, spesso vuote e stancanti, che si sviluppano tra gli "amici del venerdì sera": alla base di tutte queste interazioni c'è un riconoscimento reciproco, ma ancora molto poco sappiamo sulla verità dei singoli soggetti coinvolti.

Quarta modalità di strutturazione: l'attività

L'attività è la quarta classificazione delle relazioni sociali e occupa gran parte della nostra giornata. In questa classificazione rientra soprattutto la nostra occupazione principale (il lavoro) che nella stragrande maggioranza dei casi è fortemente normata da regole esplicite (pensiamo ai contratti collettivi e singoli) e anche dall’incastro di necessità altrui.

In ogni caso, anche per la conduzione più volontaria ed autonoma possibile, è necessaria la capacità di autoregolazione. Le attività sono sempre rivolte a un obiettivo chiaro e prevedono divisioni di compiti e ruoli. Ne sono un esempio anche lo studio, un'attività sportiva, l’organizzazione di un qualsiasi evento e, più in generale, ciò che conduciamo organizzati, perseguendo uno scopo.

Da questa semplice descrizione si comprende che le attività implicano una maggiore esposizione ad eventuali problemi relazionali, perché la semplice gestione quotidiana della nostra vita ci porta a doverci interfacciare con diverse persone che possono riconoscerci o meno.

Quinta modalità di strutturazione: i giochi

Quando parliamo di giochi pensiamo subito a qualcosa di divertente, magari a quelle attività ludiche nelle quali sono sempre così impegnati i bambini: bei tempi, vero? Ebbene, nel caso del disturbo relazionale che stiamo qui trattando, i giochi sono un'altra cosa.

Essi sono la modalità di strutturazione del tempo e quindi delle relazioni che purtroppo hanno ben poco di divertente, ma che riguardano tutti noi, quanto meno nella possibilità di essere chiamati "in gara", nonché ogni area della nostra vita.

I giochi a livello relazionale sono scambi comunicativi a due livelli:

  • Livello conscio: si tratta del livello socialmente visibile e ben riconoscibile;
  • Livello ulteriore o inconsapevole: questo livello è ben più complesso perché risulta sempre inconscio per tutti i partecipanti al gioco. Contiene una forte connotazione emotiva, e il cui esito conduce a sofferenza e danni di vario grado.

La finalità del gioco a livello inconsapevole, in cui si gioca la vera partita, è chiamata tornaconto. “Ma come tornaconto, se produce sofferenza e danni?”, starai pensando. Vuol dire che siamo tutti masochisti? No, non è questo il punto. Il punto è che ognuno di noi ha inconsciamente stilato un copione, che possiede un certo finale, purtroppo raramente e semplicemente felice. I giochi ci servono a confermare quel finale, di relazione in relazione. La buona notizia è che, fortunatamente, è possibile riscrivere quel finale e questo, in ultima analisi, è ciò che riguarda la psicoterapia.

Rendersi consapevoli dei propri giochi preferiti, vederne le dinamiche, riconoscerne i ruoli (vittima, persecutore, salvatore) e decidere di uscire da essi è gran parte del lavoro dello Psicologo Psicoterapeuta ed è quello che portiamo avanti nello Studio WeS - Psicologia e Psicoterapia Treviso.

Sesta e ultima modalità di strutturazione: finalmente l'intimità

 Problemi Relazionali Treviso - Illustrazione Donna e Uomo Vicini

L'intimità è la grande meta a cui tutti aspiriamo: essa rappresenta la relazione che possiamo raggiungere solo quando lasciamo andare i giochi. Poiché un gioco psicologico è tale solo se inconscio, per tutti i giocatori, il “non gioco più” sarà il risultato di un lavoro su di sé. Per questo, anche, l’intimità è un traguardo.

Nonostante sia facile scivolare in una "partita" o trovarsi in una relazione di gioco duratura (ad esempio un matrimonio che poggia sul livello ulteriore di transazioni), l’intimità è facilmente riconoscibile, perché in essa si sperimenta la verità.

L'intimità si basa sulla manifestazione, libera, aperta e senza filtri di stati d'animo, sentimenti e vissuti, in un rapporto caratterizzato da reciproca onestà, oltre che da un elevato grado di fiducia, essendo gli scambi imprevedibili. È una condivisione spontanea di emozioni, pensieri e comportamenti, nella consapevolezza che l’altro farà altrettanto, senza retropensieri e manipolazioni.

Essere intimi vuol dire mettersi a nudo, mostrarsi per come si è, il che significa accogliere sé stessi. In ciò consiste la possibilità di connessione e anche, quindi, la possibilità di amare e di lasciarsi amare.

Come risolvere problemi relazionali con la giusta consulenza psicologica

Queste diverse classificazioni non solo identificano diversi gradi di esposizione, ma anche la possibilità di nutrirsi del riconoscimento altrui: maggiore è l'esposizione e maggiore sarà il guadagno e, ovviamente, anche il rischio del rifiuto. Il procedere in questo cammino, da soli, non è facile e c'è sempre il rischio che l’arroccamento difensivo possa arrestare ben prima di giungere a sperimentare l’intimità.

I problemi relazionali non si risolvono dall'oggi al domani, ma è importante seguire un approccio psicoterapeutico che, passo dopo passo, aiuti ad aprirsi e a sperimentare, con i dovuti tempi, diversi livelli di esposizione.

La vita è un susseguirsi di problemi relazionali. Eppure una persona in profonda connessione con sé stessa, che ha a cuore la propria crescita personale, può scegliere di manifestarsi intima con il mondo, a prescindere dalle risposte del mondo stesso.

Una persona che, con consapevolezza, esprime spontaneamente la propria intimità relazionale, come diceva il Dott. Berne, è una persona autonoma.

Nello Studio WeS Psicologi Psicoterapeuti Treviso siamo a tua disposizione per analizzare e comprendere insieme come affrontare i problemi relazionali presenti nella tua vita: se lo desideri, contattaci per un appuntamento.

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