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Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale: Rimuovere Convinzioni Autosabotanti

Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale - Uomo e Impulsi Neurali
Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale - Uomo e Impulsi Neurali

La nascita della teoria cognitivo comportamentale

Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale Treviso - Illustrazione Testa con Puzzle all'Interno

Psicoterapia cognitivo-comportamentale: queste parole, anche se oggi molto conosciute, possono intimorire, sembrare altisonanti, ostiche, in altre parole un po' respingenti. Per comprendere al meglio la psicoterapia cognitivo comportamentale, noi dello Studio WeS - Psicologia e Psicoterapia Treviso vogliamo compiere un piccolo balzo nel passato e tornare proprio nel momento in cui nacque questa terapia.

Mentre una giovanissima psicanalisi esplorava e affinava i concetti di libido e inconscio, il comportamentismo dava seguito agli studi che tentavano di comprendere quale relazione potesse esistere tra i comportamenti - risposte come loro erano soliti definirli - degli esseri umani e gli stimoli con cui essi entravano in contatto.

Nel 1913, Freud pubblicava "Totem e tabù", mentre Watson usciva con "La psicologia così come la vede un comportamentista", articolo con cui viene fatta coincidere la nascita del comportamentismo.

Ai tempi, psicanalisi di Freud e comportamentismo erano due mondi molto distanti e che tutti vedevano come impossibili da conciliare. Ci penserà Ellis, più di trent’anni dopo, ad avvicinarli.

Stimoli e risposte agli stimoli

Ma prima di arrivare a Ellis, soffermiamoci un attimo su un piccolo ma importante aspetto: a uno stimolo corrisponde una risposta. Questa almeno l’idea di partenza che ha permesso di comprendere alcuni importanti meccanismi della mente come il condizionamento, principio valido ancora oggi. Esiste un ma, qualcosa che non tornava. Se era vero che ad ogni stimolo corrisponde una risposta, e sembrava proprio esserlo, perché di fronte allo stesso stimolo assistiamo a risposte diverse?

Il cognitivismo

Il cognitivismo segna il suo ingresso nel complesso mondo teorico della psicologia e della psicoterapia esattamente a questo punto, perché tenta di dare una risposta a questo interrogativo. Tra lo stimolo e la risposta esistono delle regole universali, individuate con il prezioso lavoro dei comportamentisti, ma a quel punto diventava necessario capire come la mente elabora le risposte individuali, peculiari ad ogni persona.

Furono Beck ed Ellis, anch’essi psicanalisti di formazione come Berne e gli altri grandi protagonisti dello sviluppo che la psicoterapia vedeva in quegli anni, a porre per primi l’attenzione a come i pazienti che vedevano nei loro studi concettualizzavano il proprio mondo. Si accorsero che il disagio dipendeva direttamente dalla visione che i pazienti avevano della realtà, interna o esterna che fosse. E questa visione era determinata dall’insieme dei pensieri, dal loro dialogo interiore, per continuare l’analogia con Berne e la sua Analisi Transazionale.

Anche Ellis, che credeva in una sintesi tra psicanalisi e comportamentismo, aveva colto l’importanza del dialogo interno. Non c’era più solo uno stimolo a cui seguiva una risposta, ma uno stimolo, un'elaborazione (dialogo interno) e infine una risposta.

L’esplorazione di questo flusso di pensieri mise presto in luce la loro natura automatica, aprioristica, spesso illogica, basata in altri termini su quelle che potremmo definire convinzioni che ci condizionano la vita.

Già Epitteto, filosofo del primo secolo dopo Cristo, scrisse nell’"Enchiridion":

Gli uomini sono disturbati non dalle cose, ma dalla visione che hanno di esse.

Terapia cognitivo-comportamentale Treviso: l'azione dei bias cognitivi

Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale Treviso - Illustrazione Donna in Ansia

Mettere in discussione e cambiare queste convinzioni costituisce la base del lavoro cognitivo in psicoterapia: discutere e porre al vaglio quello che pensiamo su noi stessi, sugli altri, sul mondo e sull’esistenza.

Tendiamo a non accorgerci, ad esempio, che il motivo per cui siamo in ansia non è l’esame che dovremo sostenere, ma la nostra convinzione che l’esame andrà male. È la convinzione che quella débâcle sarà la prova provata del nostro disvalore, il quadro a cui l’ansia risponde.

Tendiamo a non considerare, per fare un altro esempio, che il motivo per cui temiamo di partecipare a quell’evento sociale (che sia una festa o una cena poco importa) non è l’evento in sé, ma le nostre convinzioni su quanto possa essere negativo il giudizio degli altri nei nostri confronti, e su come questo porterà conseguenze negative nella nostra vita.

Tendiamo a non accorgerci di come i nostri pensieri e i relativi bias cognitivi, li chiamerebbero i cognitivisti, ci condizionano la vita.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale si occupa soprattutto di individuare queste convinzioni per capire come mai ci troviamo a vivere alcune emozioni e disagi, spesso ricorrenti, nella nostra vita. La cosa importante da comprendere è che queste convinzioni ricercate dalla terapia cognitiva comportamentale sono automatiche, non le creiamo volontariamente e, anzi, molto spesso non sappiamo nemmeno di averle.

La terapia cognitivo comportamentale si occupa anche di mettere in discussione queste convinzioni e bias, con lo scopo di cambiarli con pensieri più funzionali e adattivi.

Il rapporto tra paziente e psicoterapeuta Treviso

Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale Treviso -  Filo Ingarbugliato che si Riordina

Ed eccoci giunti a un importante nodo relativo la nostra consulenza psicologica. Grazie alla psicoterapia cognitivo-comportamentale, nello Studio WeS - Psicologi e Psicoterapeuti Treviso si crea lo spazio necessario affinché terapeuta e paziente collaborino a mettere in discussione logicamente, empiricamente e pragmaticamente i pensieri automatici. Lungo questo percorso, si potrà cogliere che cambiando e arricchendo il proprio modo di pensare si possa placare, e molto, ciò che abitualmente ci disturba.

Si tratta quindi di una terapia cognitiva ma anche comportamentale e non dobbiamo assolutamente dimenticare questo punto: del resto abbiamo sempre parlato di psicoterapia cognitivo-comportamentale, e mai solo di aspetti cognitivi svincolati da quelli comportamentali.

Gli esercizi comportamentali

Accade dunque che il cambiamento degli aspetti cognitivi venga integrato con importanti esercizi comportamentali il cui scopo è duplice:

  • Consolidare il cambiamento su cui si sta lavorando;
  • Verificare sul campo su cosa sia ancora necessario intervenire.

Il fattore comune, ma non l’unico, del contributo comportamentista a questo approccio psicoterapeutico è certamente il principio di esposizione, che trova nell’esposizione graduale la massima espressione di sé. Esattamente come suggerisce il suo nome, il principio di esposizione significa letteralmente esporsi, in un crescendo “omeopatico” a misura di paziente, alla situazione temuta.

In questo modo all'interno di un percorso di psicoterapia cognitiva comportamentale si ha la possibilità di rielaborare o superare ciò che prima sembrava impossibile anche solo gestire.

Il modello cognitivo comportamentale serve anche ad altro, cioè a costruire nuove abitudini di vita e a rendere proprio ciò che prima era possibile solo evitare.

L'approccio cognitivo comportamentale serve quindi per riprendere in mano la propria vita, acquisire nuove abitudini virtuose e affrontare, piano piano, anche quegli eventi che, normalmente, ci mettono in difficoltà.

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